Il
discorso di Papa Francesco ai giornalisti accreditati in Vaticano per il
Conclave (http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/testo-aula-Paolo-VI.aspxhttp://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/testo-aula-Paolo-VI.aspx) e i giorni successivi, pur nella sua linearità e semplicità (stile al
quale il nuovo Pontefice ci ha ormai abituato), contiene qualcosa di nuovo che
dovrebbe far riflettere non solo gli operatori dei media, ma anche tutti coloro
che sono impegnati nel mondo della comunicazione e dell’arte. Certamente non è
la prima volta che un Pontefice parla del tema, ma credo che Papa Francesco lo
abbia fatto, avendo presente una prospettiva diversa.
Sentiamo
Sua Santità nel passaggio finale del discorso:
Il vostro lavoro necessita di
studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma
comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e
della bellezza; e questo ci rende particolarmente vicini, perché la Chiesa
esiste per comunicare la Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”. Dovrebbe
apparire chiaramente che siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma
questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza.
Che
il giornalismo e le comunicazioni sociali debbano aver presente come bussola la
verità è un dato di fatto scontato (e Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di
verità in un mondo dove spesso sembra che i potenti di turno facciano a gara a
chi la nasconda meglio!). Quello che è meno scontato sono la bontà e la
bellezza. Che cosa possono c’entrare queste due categorie con una professione
che, troppo spesso, “si sporca le mani” nella cattiveria e nelle brutture del
mondo? Mi piace citare una frase della lettera che il Beato Giovanni Paolo II
scrisse agli artisti nel 1999: « Persino quando scruta le profondità più oscure
dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in qualche
modo voce dell'universale attesa di redenzione.» Il lavoro del giornalista,
dunque, per Papa Francesco, credo debba avere la stessa finalità del lavoro
dell’artista: verità, bontà e bellezza come comunicazione di Colui che è la
Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”, ma anche quell’intima verità,
bontà e bellezza che è dell’uomo (e per l’uomo) e di tutto ciò che lo circonda,
dalle cose create a quanto lui stesso ha prodotto e a tutti gli eventi, belli e brutti, che coinvolgono lui e il suo ambiente, la
società a partire dalla sua prima cellula che è la famiglia, l’organizzazione
del mondo ecc. Tutto questo non deve essere fine a se stesso, ma deve
oltrepassarlo, trascenderlo. L’umanità intera “cammina verso l’incontro con
Gesù Cristo” (per riprendere un’altra espressione del Santo Padre) che lo
vogliamo o no. Non può e non deve smarrire la meta e l’unica bussola è quella
della Chiesa, una Chiesa certamente “istituzione umana, storica, con tutto
quello che comporta, [che] non ha una natura politica, ma essenzialmente
spirituale”, una Chiesa, dunque – sembra dire il Pontefice – che può sembrare
sbandare, smarrire la strada per qualche breve attimo, ma che ha la certezza di
non poter perdere la sua meta finale perché, al di là degli uomini e degli
eventi, c’è sempre Cristo a guidarla. Tutto il resto è, quindi, mistificazione
e calunnia. Anche quando gli si dà parvenza di vero (non di verità,
evidentemente, perché in questa che potremmo chiamare verosimiglianza non c’è
uno status oggettivo).
Un
monito, dunque, affinché non si perda mai di vista la vera essenza dell’umanità
e di quanto essa ha prodotto e produce. Verità, bontà e bellezza perché Verità,
Bontà e Bellezza è Colui che ci ha fatti, ci ama e ci vuole con Sé.
Questa
stessa funzione credo possa essere attribuita anche a tutti gli altri “artisti
della penna”. Anche la letteratura, infatti, è conoscenza della Verità e anche
nella letteratura la Verità, la Bontà e la Bellezza sono la meta finale del
cammino, meta dalla quale, anche in questo caso, si può facilmente
deviare.
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